Il lutto
Con la parola lutto si intende la reazione emozionale che si vive quando perdiamo una persona significativa della nostra esistenza ma anche il tempo che segue la sua morte. La perdita di una persona cara viene vissuta come una perdita di parte di sé stessi a cui segue un periodo di sofferenza e difficoltà. Non si può amare qualcuno e perderlo senza sentirsi soli e deprivati del suo affetto, senza diventare vulnerabili e provare dolore. Il lutto è come una ferita il cui processo di guarigione richiede tempo e fatica, un vero e proprio lavoro per poter tornare a vivere una vita sicuramente diversa da quella vissuta in precedenza.
Nel saggio “Lutto e malinconia” Freud si interroga sul mistero del lutto, di questa lenta storia dell’oblio che conduce all’abolizione del dolore attraverso un lungo lavoro. Secondo Freud l’essenziale del lavoro del lutto consiste nel riconoscere le esigenze ineluttabili della realtà, nell’ammissione di un’assenza piuttosto che nell’ostinazione alla sofferenza.
La capacità di elaborare il lutto, che fa parte di quella più generale di tollerare e gestire il dolore mentale, paradossalmente è ancora più importante che non la capacità di riconoscere, cercare e procurarsi il piacere. Perché essa venga acquisita, e soprattutto consolidata, è necessario un lungo e complesso lavorìo, che durerà tutta la vita, ma le cui radici vengono già poste nelle relazioni originarie, cioè, quelle relazioni intensamente interattive con gli adulti che si occupano di noi nei primi tempi della nostra vita. Fondamentale risulta essere la capacità di gestire le emozioni e nel caso siano particolarmente dolorose come quelle implicate nel lutto, ciò si traduce nel riconoscimento e nell’accoglimento del proprio Sé sofferente.
Tra le mancate elaborazioni del lutto che spesso si incontrano nella pratica clinica, ve ne sono alcune connesse a un inadeguato apprendimento della gestione delle emozioni. Molte persone non sanno riconoscere le emozioni, non sanno cosa farsene, vivono una sorta di appiattimento emotivo non per inibizione, ma per mancato o incongruo apprendimento. Sono molti i modi in cui da bambini apprendiamo a gestire le emozioni, ma quelli più importanti, sono direttamente connessi con le modalità relazionali proposteci dalle persone che si occupano di noi.
Il bambino può riconoscere, tollerare e contenere una particolare emozione solo se trova riconoscimento, tolleranza e contenimento della medesima emozione nelle relazioni reali in cui si trova impegnato. E così facendo, il bambino struttura in modo attivo la percezione di sé come di uno che sta vivendo quell’emozione e che la sta contenendo. Se il bambino si trova in un ambiente umano sistematicamente sordo o cieco rispetto a determinate emozioni, non potrà far altro che divenire a propria volta sordo o cieco rispetto a tali emozioni. Si creeranno, così, come dei buchi nelle capacità di esperire aspetti vitali della propria esistenza.
Al di fuori dei lutti complicati e patologici, si può pensare al lutto come a un processo che inizia, si sviluppa e si conclude: il dolore si attenua poco a poco e la vita riprende, colmando i vuoti con nuovi compiti e nuove presenze. Ogni lutto viene vissuto ed elaborato in tempi e modi molto personali e differenti così come differenti sono le sue manifestazioni: alcuni si comportano in maniera controllata e distaccata, altri piangono e si disperano, altri preferiscono stare soli, altri ancora hanno bisogno di una compagnia costante.
Ciò che accomuna tutti i tipi di lutto è la presenza di fasi che si susseguono pur con una certa irregolarità. La risposta iniziale alla morte è uno stato di shock che coinvolge completamente la persona paralizzandola. Segue una fase di disperazione, struggimento ed espressione di reazioni emotive violente in cui tutti gli interessi personali si concentrano sulla perdita e sul dolore. Il sonno, l’appetito, l’attività, la sessualità, la vita relazionale e quella interiore sono sconvolti per un periodo più o meno lungo. Successivamente, quando si diventa più consapevoli della realtà della perdita, si comincia a esplorare il significato di quella perdita per la propria esistenza. Si ripercorre la natura di quella relazione guardando alla totalità della persona scomparsa, agli aspetti positivi e negativi che la caratterizzavano. In questa fase si è inondati da reazioni emotive molto forti come tristezza, angoscia, rabbia, solitudine, nostalgia, paura, rancore, rimpianti e sensi di colpa con i rispettivi correlati di aggressività e depressione, che sono i compagni più frequenti e fedeli di questo periodo. C’è il rischio di rimanere imprigionati nel passato e di allontanarsi dal presente. In questo periodo travagliato si apprende ad accettare la realtà della perdita sviluppando una nuova relazione con la persona scomparsa. Si trova conforto nel conservare dentro di sé l’immagine della persona amata, i suoi valori, le esperienze condivise, sperimentando la capacità di mantenerne vivo il ricordo e la memoria e di continuare ad amarla, anche se non è più presente fisicamente. Il dolore per la perdita subita continua sempre ad accompagnare le persone ma con il tempo cambia il rapporto con il proprio dolore, aumenta la consapevolezza e la capacità di affrontare le esperienze dolorose. Quando inizia un allentamento del dolore, diventa possibile riscoprire le proprie risorse e funzioni vitali che permettono di procedere nel percorso di ricostruzione della propria vita che aiutano a riaccostarsi alla realtà.
Superare un dolore così forte è un processo lento, ma si possono rintracciare alcuni segnali di avvio al miglioramento: i ricordi, sia positivi che negativi, vengono accolti e rivisitati; si riconosce che la persona amata se ne è andata via per sempre e si accetta la morte come evento definitivo; ci si sente bene anche da soli e non si ha più bisogno di qualcuno vicino tutto il tempo né si cerca di essere perennemente occupati per distrarsi; è di nuovo possibile guidare la macchina senza piangere in continuazione; si è meno sensibili ai commenti altrui; si aspettano di nuovo le feste con gioia; si può di nuovo ascoltare la musica che si era soliti godere con la persona amata; si è pronti a offrire il proprio aiuto a qualcuno che vive la stessa situazione.
L’esperienza del lutto ci mette di fronte a un’enorme sofferenza, ci rende più poveri e soli, ci addolora, sconvolge la nostra esistenza, ma nello stesso tempo sollecita continue ristrutturazioni del sé e profondi cambiamenti. Vivere il lutto significa poter attribuire un senso all’esperienza del lutto stesso attraverso un bagaglio di memorie, emozioni condivise, esperienze e affetti che restano dentro, testimoniando l’esistenza di un legame ancora vivo.