L’importanza delle fiabe per il bambino in relazione al suo bisogno di magia
Le fiabe rispondono a interrogativi eterni: chi sono? Da dove sono venuto? Come si è formato il mondo e qual è la sua vera natura? Come posso essere davvero me stesso? Qual è il fine della vita? Cosa devo diventare? Come devo comportarmi di fronte ai problemi della vita?
Le soluzioni presentate non vengono poste in maniera esplicita ma allusiva, lasciando al bambino la libertà di far lavorare la propria fantasia. Per il bambino è molto più confortante e convincente una fiaba che una strategia consolatoria attuata da un adulto basata su un ragionamento razionale perché la visione del mondo della fiaba stessa concorda con la sua. La fiaba si conforma perfettamente al modo in cui il bambino percepisce il mondo e ai suoi processi di pensiero.
Come ha mostrato Piaget, fino all’età della pubertà il pensiero del bambino è animistico. In altre parole il bambino presume che tutti i suoi rapporti con il mondo inanimato siano sovrapponibili a quelli del mondo animato, come se le cose o gli oggetti potessero sentire e agire proprio come persone umane. Per la mentalità animistica del bambino, il sasso è vivo perché può muoversi nel momento in cui rotola giù da un pendio, la porta sulla quale ha sbattuto la testa va punita perché le sue intenzioni erano volutamente malvagie, il vento può parlare, il fiume è vivo perché le sue acque scorrono, o ancora, al peluche piace essere accarezzato perché sente come una persona vera.
Per quanto i genitori e gli insegnanti possano fornire spiegazioni razionali e per quanto il bambino possa fingere di credervi per compiacerli, nel suo intimo la pensa diversamente. La sua verità viene seppellita nel profondo della sua anima, al riparo dalla razionalità e dal pensiero logico, dove però è possibile instaurare un dialogo proprio con i messaggi trasmessi dalle fiabe. La linea di demarcazione tra esseri viventi e oggetti non esiste nella mente del bambino: le rocce, gli animali, gli alberi, hanno delle cose da dirci, delle risposte da dare alle nostre domande. Il bambino si aspetta che un animale comprenda e senta come lui, che parli delle cose che siano realmente importanti per lui, come accade nelle fiabe o nella vita reale, senza distinzione. In pratica il bambino, che per sua natura è egocentrico, proietta il proprio spirito in tutte le cose e gli oggetti che incontra, diventa quindi credibile che un uomo possa trasformarsi in animale come ad esempio ne La Bella e la Bestia.
Quando un adulto fornisce risposte scientificamente corrette alle domande del bambino pensando di aver chiarito tutti i suoi dubbi, in realtà sta fornendo spiegazioni incomprensibili che lo lasciano ancora più confuso perché ancora privo della capacità di comprensione astratta necessaria per dare un senso alle cose. Accettare passivamente queste spiegazioni di un adulto rende il bambino incapace di fidarsi della propria esperienza, di sé stesso e di quello che si può aspettare dalla sua mente.
Le ricerche di Piaget sui processi mentali del bambino dimostrano che il bambino al di sotto dell’età scolare non è in grado di comprendere concetti astratti come quello della permanenza della quantità (ad esempio, una stessa quantità d’acqua si solleva in un recipiente stretto e rimane bassa in un recipiente largo) e della reversibilità (ad esempio, la sottrazione inverte il processo di addizione). Fino a quando il bambino non riesce a comprendere concetti astratti come questi, può percepire il mondo soltanto a livello soggettivo, mentre le spiegazioni scientifiche richiedono un pensiero oggettivo. Durante la prima infanzia, fino agli otto-dieci anni, il bambino può sviluppare solo concetti altamente personalizzati sull’oggetto delle sue esperienze.
Di conseguenza, soltanto le affermazioni che sono intellegibili per il bambino e che quindi si pongono in relazione alla sua attuale capacità di comprensione, sono quelle che riescono a convincerlo.
Per fare un esempio pratico, un bambino che abbia imparato dalle fiabe a credere che un personaggio inizialmente repellente e minaccioso può magicamente trasformarsi in un amico prezioso, è pronto a credere che se conosce un bambino che gli fa paura potrebbe anche lui trasformarsi prima o poi in un compagno di giochi.
Esistono molti casi in cui, soprattutto nella tarda adolescenza, i giovani si sentono portati ad evadere in sogni indotti dalla droga o diventando adepti di qualche guru, oppure praticando la magia nera per compensare il fatto di essere stati privati prematuramente durante la loro infanzia di questa fede nella magia attraverso un impatto forzato con la cruda realtà. È come se sentissero di avere una seconda possibilità per colmare una grave lacuna nella loro esperienza per affrontare le difficoltà della vita adulta.
Quando un adulto vive periodi di tensione e stress, è più probabile che venga ricercato conforto nella nozione infantile che lui stesso e il luogo dove dimora siano il centro dell’universo. Di contro, più una persona si sente sicura, meno ha bisogno di aggrapparsi a proiezioni infantili e può quindi permettersi di cercare spiegazioni razionali e di accettare che il suo mondo ha una scarsa importanza nel cosmo.
Un bambino, fino a quando non è sicuro che il suo ambiente possa proteggerlo, ha bisogno di credere che qualche forza superiore vegli su di lui e che il proprio posto nel mondo e il mondo stesso abbiano un’importanza assoluta. Durante il processo di crescita, la capacità della famiglia di fornire una base sicura unita alla disposizione del bambino a impegnarsi in indagini razionali, gradualmente trasformano il pensiero del bambino.
Le fiabe sono si trovano in perfetta armonia con il pensiero del bambino e con la sua mentalità. Queste storie iniziano solitamente in modo realistico: una madre dice a sua figlia di andare da sola a trovare la nonna, come in Cappuccetto Rosso; due coniugi molto poveri non sono in grado di sfamare i loro figli, è il caso di Hansel e Gretel; un pescatore non riesce a prendere neanche un pesce nella sua rete, come nella favola de Il pescatore e il Genio. Quindi generalmente una storia comincia con una situazione reale ma problematica. Un bambino, posto di fronte a problemi quotidiani è in questo modo stimolato a comprendere il come e il perchè di tali situazioni e a cercare soluzioni. Ben presto si verificano eventi tali da mostrare che la logica e le leggi causa-effetto vengono sospese, proprio come nei processi inconsci. La fiaba parte quindi da un inizio semplice e banale verso eventi fantastici, ma le digressioni, per quanto ampie, seguono il senso della storia che non viene perso. Dopo aver fatto viaggiare il bambino in un mondo meraviglioso, la storia lo riconduce infine alla realtà in un modo molto rassicurante. Questo insegna al bambino che lasciarsi trasportare dalla fantasia non è dannoso, purché non si rimanga per sempre suoi prigionieri. Il bambino in questo stadio del suo sviluppo, ha bisogno di sapere che l’eroe alla fine torna alla realtà, una realtà felice ma priva di magia.
Bibliografia
Bettelheim B. (2013). Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Edizioni Feltrinelli, Collana Universale Economica. Saggi.
Piaget J. (1966). La rappresentazione del mondo nel fanciullo, Boringhieri, Torino.
Flavell J.H. (1963). The Developmental Psychology of Jean Piaget, Van Nostrand, Princeton.