L’Ipocondria
Ne parlava già Moliere nel ‘600 e nel 1979 Tonino Cervi ne ha tratto un celebre film la cui interpretazione nelle vesti di “malato immaginario” di Alberto Sordi rimane indimenticabile. Eppure l’ansia e l’ipocondria sembrano ormai destinate a caratterizzare la psiche umana del nuovo millennio.
La persona affetta da ipocondria è convinta di avere una malattia nonostante i risultati medici diano responso negativo e vive nell’angoscia e nella paura della malattia stessa. La preoccupazione della malattia diventa un elemento centrale sempre presente nei suoi pensieri e influisce sul modo di guardare se stesso. La convinzione di possedere una grave malattia si basa sull’errata interpretazione dei propri sintomi fisici (ad esempio l’affanno dopo aver fatto una rampa di scale potrebbe essere inteso come indice di imminente infarto).
La preoccupazione può riguardare le funzioni corporee come il battito cardiaco o la traspirazione, oppure sensazioni fisiche di lieve entità come una piccola ferita o un raffreddore, o ancora sensazioni fisiche vaghe o ambigue come “cuore affaticato” o “vene doloranti”.
Si osserva ossessivamente il proprio corpo cercando anche i minimi segni che sembrano dare ragione della propria preoccupazione, si fanno costanti visite dal medico anche se le diagnosi non servono a placare le proprie convinzioni e si chiedono continue rassicurazioni ai propri familiari esasperando i rapporti interpersonali.
Anche il migliore dei medici difficilmente riuscirà a conciliare l’esigenza di rassicurazione clinica di questi pazienti con la prescrizione di un numero ragionevole di analisi e valutazioni specialistiche. Per questo motivo l’ipocondriaco tenderà a lamentarsi del suo medico che, nella sua ottica, non presta la giusta attenzione ai suoi problemi, e a cambiarlo frequentemente o in ogni caso a rivolgersi a specialisti di varie aree cliniche ritrovandosi alla fine sempre insoddisfatti. All’estremo opposto esistono forme di ipocondria nelle quali il timore per la propria salute è così intenso da rifiutare ogni tipo di rapporto con il medico e ogni esame clinico nella convinzione che la diagnosi non potrebbe essere che nefasta.
I soggetti con ipocondria possono allarmarsi se leggono o sentono parlare di una malattia, se vengono a sapere che qualcuno si è ammalato, o a causa di sensazioni che riguardano il proprio corpo.
Quali possono essere le cause di questa preoccupazione costante?
Spesso si osserva che questo tipo di pazienti hanno un’immagine di sé come persone fragili, vulnerabili e deboli. Tale credenza costituisce uno dei perni intorno al quale si costruisce il senso della propria identità. Talvolta l’immagine di persona fragile riflette l’immagine di debolezza della figura d’attaccamento: un genitore estremamente protettivo, teso a mettere in costante allarme il bambino contro pericoli e malattie può trasmettere una sensazione di ansia e paura che in seguito possono manifestarsi sotto forma di ipocondria.
L’ipocondriaco è in un certo senso intrappolato in un circolo vizioso che rende vani tutti i tentativi di rassicurazione, sia quelli autonomi come ricerche di informazioni su internet, sia quelli provenienti dall’esterno come esami specialistici o pareri di familiari o medici.
La cura dell’ipocondria può risultare particolarmente difficoltosa soprattutto nei casi in cui i soggetti non sono del tutto convinti che la causa dei loro mali sia soltanto di tipo psicologico, mentre laddove il soggetto si rende conto, almeno in parte, che le sue preoccupazioni sono eccessive o infondate è possibile e auspicabile intraprendere un percorso di psicoterapia.
L’approccio terapeutico potrebbe essere quello di favorire un processo di consapevolizzazione, di simbolizzazione e rielaborazione del conflitto espresso in maniera mascherata attraverso il timore della malattia.
Quali bisogni e paure si stanno esprimendo attraverso il timore delle malattie? Cosa simboleggia quella malattia? Perché proprio il timore di quella malattia e non un’altra, che equivale a dire quale parte del Sé è sentita come minacciosa? Quali vantaggi si ottengono dall’apparire malato? Quale significato viene associato alla malattia all’interno del sistema familiare? E’ possibile l’eventualità che la malattia simboleggi sentimenti autodistruttivi e autopunitivi?
Queste sono soltanto alcune domande che sarebbe opportuno porsi in ambito psicoterapeutico con questa tipologia di pazienti.
Ammesso che la persona accetti di prendere farmaci senza temere danni al proprio organismo, la cura farmacologica si basa fondamentalmente sugli antidepressivi. Questi possono risultare utili per gestire i sintomi depressivi e l’ansia che accompagnano l’ipocondria migliorando la qualità di vita globale del paziente e favorendo una migliore accettazione del percorso psicoterapeutico.