Le punizioni funzionano davvero?
Quante volte da genitori ci siamo sentiti stanchi, svuotati, irritati e arrabbiati con i nostri figli? E quante volte ci siamo chiesti se le punizioni siano davvero le soluzioni migliori per insegnare la disciplina?
In realtà c’è un’enorme differenza tra l’acquisire l’autodisciplina attraverso l’identificazione con le persone che si ammirano ed essere irreggimentati a forza, o addirittura con la violenza. I castighi, le punizioni e le imposizioni tendono a essere controproducenti se non addirittura nocive. Può darsi che trattengano il bambino dal fare ciò che non dovrebbe, ma ciò che imparano in questo modo è che forza e diritto coincidono. Quando saranno abbastanza grandi e forti, cercheranno di rifarsi, perciò “puniranno” i loro genitori comportandosi in un modo che sanno li addolorerà. Qualunque punizione, fisica o psicologica, ci pone contro la persona che ce l’ha inflitta e non bisogna dimenticare che le ferite psicologiche possono fare più male e durare più a lungo di un dolore fisico. Ogni bambino avrà una reazione diversa alla punizione, a seconda del carattere e del tipo di rapporto che ha con i genitori, ma nessun bambino potrà evitare di sentirsi umiliato dai castighi, di qualunque tipo siano. Le punizioni non costituiscono un deterrente adeguato per chi ritiene di poterla fare franca: il bambino che prima agiva apertamente, ora imparerà a fare le cose di nascosto. Inoltre, che provi o meno un reale rimorso, imparerà a mostrarsi pentito quando gli adulti si aspettano che lo sia, anche se forse gli dispiace solo di essere stato scoperto. Le espressioni di rammarico ottenute con la durezza, sono assicurazioni prive di contenuto, dette solo per mettere fine ai rimproveri.
Come intervenire a questo punto in maniera più efficace e meno distruttiva? Una soluzione è l’autodisciplina che si fonda sull’interiorizzazione di valori appartenenti a persone amate e ammirate e sull’emulazione del loro comportamento con la speranza di essere a nostra volta amati e stimati. In altre parole, la ragione per comportarsi bene non dovrebbe essere l’evitamento delle punizioni ma il desiderio di sentirsi a posto con se stessi, il rafforzamento del rispetto di sé. Per fare ciò, è necessario che nel bambino nasca il desiderio di meritare o conservare la stima delle persone amate. Per questo motivo, la meta che un genitore si dovrebbe proporre per quanto riguarda la disciplina è quella di accrescere nei figli il rispetto di sé stessi, di renderglielo così forte e resistente da riuscire a trattenerli dal comportarsi male.
Qualunque cosa il bambino faccia, in realtà è convinto sia la cosa giusta, per quanto ingannevole sia la sua valutazione della situazione. Perciò quando lo rimproveriamo dobbiamo avere cura di chiarirgli come anche noi siamo convinti che, se ha agito in quel modo, è perché secondo lui era giustificato farlo. Se facciamo capire al bambino che, pur disapprovando quello che ha fatto, siamo certi che non intendeva fare nulla di male, la nostra disponibilità susciterà in lui un’analoga disponibilità a darci ascolto. In questo modo viene impostata una discussione che salvaguarda il suo rispetto di sé e gli consente di ascoltarci con una disposizione d’animo positiva. Dire a un bambino che ha fatto qualcosa di male con durezza o in tono di delusione, intacca il suo rispetto di sé e il suo amore per noi, e con ciò il bisogno di comportarsi in modo da ottenere la nostra approvazione.
Tutto questo non significa dire che i genitori non debbano rimproverare i figli quando fanno qualcosa che a loro parere è sbagliato, né che non debbano mai provare irritazione nei loro confronti. Qualunque genitore proverà inevitabilmente intense emozioni vedendo che il figlio non si comporta bene e neppure il genitore più dolce e ben intenzionato potrà evitare di sentirsi a volte esasperato. Ciò che non giova è forse credere che la propria collera sia dovuta esclusivamente al comportamento del figlio e di avere pertanto tutto il diritto di lasciarsene guidare, mentre è bene tenere presente che cedere alla collera non fa bene a nessuno.
Quindi cosa dovrebbe fare in pratica un genitore per impedire al figlio di comportarsi male? In teoria, fargli capire il nostro dispiacere dovrebbe rappresentare un deterrente ma spesso non è sufficiente. Come già detto in precedenza, i migliori risultati educativi si ottengono quando il bambino non solo è profondamente e positivamente impressionato dalla personalità e dalla competenza del genitore, ma desidera inoltre continuare a essergli gradito, in virtù dell’affetto che prova per lui, perché lo ama e desidera esserne amato a sua volta. Ecco perché il bambino che è stato allevato con cure amorevoli farà il possibile per conservarsi l’amore dei genitori e nulla gli fa più paura che perderne la protezione.
Quando vediamo che spiegare a nostro figlio ciò che è male non sortisce alcun effetto, c’è bisogno di aggiungere alle nostre parole qualche gesto che deve avere assolutamente un valore simbolico e che tuttavia comunichi chiaramente come in questo modo stia rischiando di perdere il nostro amore. Un gesto simbolico per comunicare questo messaggio potrebbe essere escludere per breve tempo il bambino dalla nostra presenza. La distanza fisica simboleggia la distanza affettiva ed è un simbolo che parla contemporaneamente alla coscienza e all’inconscio del bambino. E’ importante precisare che lo scopo di allontanare fisicamente il bambino dalla presenza del genitore non deve mai essere quello di punirlo, ma solo di consentire a entrambi di prendere le distanze dall’accaduto, di calmarsi, di riflettere. Quando siamo scontenti di loro, fa parte del nostro rapporto lasciarglielo capire, senza però assumere atteggiamenti critici o punitivi, ma aumentando la nostra distanza affettiva: come potremmo in verità fargli sentire una vicinanza che noi stessi non proviamo in quel momento? Fa parte della nostra autenticità: non fingere di essere migliori di quello che siamo o pretendere di essere perfetti. Fare del nostro meglio per vivere in maniera coerente e autentica può indurre i nostri figli, vedendo che ne vale la pena, a desiderare di seguire il nostro esempio, ovviamente secondo i loro tempi e i loro modi.